Una guida pratica al percorso di affidamento del minore
Molte famiglie desiderano accogliere un bambino, che può essere per un giorno, ma anche per tutta la vita.
Avere un bambino in affidamento che cosa significa? Chi può intraprendere il percorso dell’affidamento? Quali i diritti e doveri della famiglia affidataria?
In questo breve contributo proverò a rispondere a queste domande ma qualora avessi bisogno di maggiori informazioni non esitare a contattarmi qui.
Per diventare genitore affidatario non è necessario avere una specifica età, istruzione e tipo di reddito. Comporta l’esercizio di una grande pazienza e di un profondo rispetto per il legame primario, che il bambino ha con i propri genitori.
Approfondisci qui i riferimenti normativi: Legge 184/83 e Legge 149/2001.
L’affido è temporaneo.
Può durare un minimo di 2 anni ed essere prolungato fino anche alla maggiore età qualora non sussistano i presupposti per un rientro del minore.
Gli affidatari ricevono contributi economici svincolati dal reddito e beneficiano, per i bambini accolti di facilitazioni per la fruizione di servizi:
- sociali;
- sanitari;
- educativi.
Quando non si prosegue con l’adozione del minore?
L’affidamento familiare è un sostegno che viene dato da una famiglia a dei minori, che vivono in una situazione inadeguata per la loro crescita. In stato, quindi, di abbandono o semi abbandono, di maltrattamento o di incuria. L’atmosfera di una famiglia funzionale alle esigenze dei bambini può aiutarli nella costruzione di relazioni più sicure e coerenti rispetto alle loro esperienze precedenti.
La famiglia affidataria si occupa dei bisogni del minore in termini di:
- sostegno nelle attività scolastiche;
- facilitazione nei rapporti coi pari;
- favorire le relazioni ed esperienze maggiormente idonee alla loro crescita.
Non fa eccezione il seguirli rispetto alle esigenze sanitarie che possono manifestare.
Chi può intraprendere il percorso di affidamento
Il percorso può essere intrapreso da coppie sposate e non, con o senza figli/e e da singole persone.
È molto importante il ruolo svolto dai Servizi soprattutto nei primi tempi nel favorire l’abbinamento, l’incontro e non ultima la gestione dei rapporti tra le due famiglie, quella affidataria e quella da cui provengono i minori.
La fase di conoscenza e valutazione è costituita da una serie di incontri (da 3 a 6 colloqui più la visita domiciliare) gestiti dall’équipe affidamenti del Comune e coordinati da assistenti sociali e psicologi.
Come detto in precedenza, nel caso di famiglia con figli è necessario il loro coinvolgimento nel percorso di conoscenza con modalità concordate insieme ai genitori e compatibilmente con la loro età.
Allo stesso modo gli operatori si preoccuperanno di coinvolgere gli adulti conviventi con gli aspiranti affidatari. È questa una fase molto delicata di conoscenza reciproca e di accettazione della presenza in casa di nuovi minori che, necessariamente, porteranno abitudini e modalità di relazioni diverse.
I rapporti familiari, di conseguenza, si modificheranno in questo rimodellamento delle relazioni.
Quali sono i diritti e doveri della famiglia affidataria
I genitori affidatari hanno il dovere di accogliere presso di sé i minori, provvedere alle loro esigenze, ai bisogni, alla educazione, alla istruzione prestando attenzione anche agli aspetti psicologici, affettivi ed emotivi.
È molto importante che si sviluppi un clima di autentica solidarietà e di rispetto tra i nuclei familiari coinvolti. Un requisito richiesto alla famiglia affidataria è che sia in grado di proteggere l’appartenenza del bambino alla sua famiglia di origine anche se multiproblematica.
Essi hanno diritto di disporre di sostegno specialistico professionale, individuale e di gruppo, per la gestione delle dinamiche relazionali dell’affidamento familiare.
Un osservatorio significativo, ad esempio, è offerto dal momento del gioco in parallelo agli incontri tra famiglie affidatarie in genere mensile.
Occasione di scambio tra adulti, in una dimensione ludica tra bambini affidati e biologici.
I genitori possono esplorare i modelli di attaccamento dei minori e la loro capacità di regolazione emotiva. Facendo in quest’ultimo caso esperienza diretta della fatica di contenere la angoscia che questi bambini proiettano in loro.
Quando i minori hanno vissuto deprivazioni in età precoce possono manifestare una difficoltà nella regolazione degli affetti e nelle reazioni con gli altri.
Il diritto che hanno le famiglie affidatarie è quello di essere sostenute dall’equipe affidi nel loro intervento educativo con i bambini.
Quando non si prosegue con l’adozione del minore
Ci sono dei casi in cui l’affido non si trasforma in adozione.
Non si prosegue quando:
- emergono delle situazioni relazionali dannose per i minori già presenti;
- quando la famiglia affidataria subisce degli impatti negativi dai comportamenti dei minori a loro affidati.
Per quanto riguarda i rapporti con la famiglia da cui provengono si creano delle situazioni molto problematiche sulle quali la mediazione e l’aiuto dei servizi sociali non riescono ad incidere. Un aspetto importante è anche quello del gruppo sociale dal quale provengono, gruppo che può avere modalità molto diverse a seconda dell’etnia, della religione o dei costumi da loro in uso.
Nel 2015 con l’entrata in vigore nel nostro ordinamento giuridico della relativa legge
(L. n. 173/2015) è stata riconosciuta la possibilità di trasformare l’affido in adozione, in modo da consolidare definitivamente il rapporto affettivo realizzato negli anni tra genitori affidatari e minori affidati (c.d. adozione mite).
Non si prosegue con l’adozione, anche nel caso in cui non vi sia una situazione di semiabbandono permanente nella quale la famiglia originaria del minore risulta inadeguata rispetto ai bisogni del figlio.
Conclusioni
L’analisi dei sentimenti, che legano i bambini durante il periodo dell’affidamento è tenuto in grande considerazione dall’equipe adozioni e dalla Magistratura come anche le loro trasformazioni nel tempo.
Il legame che si crea può perdurare nel tempo sia per una richiesta di adozione (quando possibile), sia per mantenere legami anche dopo il rientro nel suo nucleo familiare.
“Ho aperto la porta ci siamo guardate e ci siamo scelte, quindi poi non me la sono sentita di abbandonarla. Un figlio non te lo scegli, non lo guardi negli occhi, arriva, e te lo trovi fra le braccia, è il tuo e lo senti è un’esperienza bellissima, però anche per l’altra ho sofferto e la felicità è la stessa, forse è un amore più maturo che si è costruito passo passo…Ti trattieni, perché non ti vuoi attaccare, sai che non puoi sostituire la madre, questi bambini hanno bisogno di amore in modo disperato… È importante tenere la distanza nella gerarchia dei rapporti, ma il messaggio è ti posso volere così bene senza essere tua madre, si può amare indipendentemente dai legami di sangue.”
Per qualsiasi necessità di integrazione e/o chiarimenti non esitare a scrivermi qui.
Breve bibliografia affido familiare
Italia: Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, S.I.: s.n., 2012.
Nunziante Cesaro A., Ferraro F. (1992), a cura di, La doppia famiglia. Discontinuità affettive e rotture traumatiche. Franco Angeli, Milano.
Sbattella F., Quale famiglia per quale minore, Franco Angeli, Milano 1999.
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